Macchine espresso a leva senza caldaia: un'approfondita comparativa
di Simone Forgia
Indice dei contenuti:
Introduzione
Nata nel 1956 con l’apparizione sul mercato della Faema Baby, questa categoria di macchine del caffè a leva senza caldaia è spopolata negli ultimi anni con l’introduzione di numerosissimi modelli. La popolarità di queste macchine è dovuta a diversi fattori tra cui sicuramente la loro piccola dimensione che le rende particolarmente adatte agli spazi più ristretti in cui sempre più persone si ritrovano ad abitare, ma anche facilmente trasportabili per i viaggi, permettendo agli appassionati di bere caffè di ottima qualità anche quando si trovano fuori casa. L’assenza di una caldaia riduce i costi così come anche il numero di apparecchi collegati alla corrente elettrica se si dispone già di un bollitore, permettendo di mantenere un’ottima flessibilità di utilizzo e un’estetica pulita nelle case. L’utilizzo di un bollitore permette tra l’altro di riscaldare in breve tempo solo la piccola quantità d’acqua necessaria per prepararsi il caffè. Un vantaggio sia in termini di tempo che di consumo e se si vuole si possono persino provare acque diverse senza prima doversi preoccupare di cercare di svuotare la caldaia, operazione a volte complessa. Infine non c’è da dimenticare che con gli avanzamenti tecnologici, ora ci sono molti bollitori sul mercato che permettono di regolare la temperatura con precisione, e ci sono anche sempre più soluzioni dedicate per montare il latte, permettendo ad un maggior numero di persone di poter sperimentare e divertirsi ad ottenere risultati che prima erano possibili solo con macchine del caffè notevolmente più grandi e costose.
Sul mercato è dunque ora disponibile un grande numero di prodotti che rientrano in questa categoria, le cui differenze non sono spesso evidenti e per il cliente è diventato sempre più difficile fare una scelta oculata; motivo per il quale è stato deciso di testare approfonditamente una parte di questi modelli per metterli a confronto e creare maggiore chiarezza.
I modelli testati
Vista l’ampia scelta disponibile, è stato necessario definire alcuni criteri per scegliere quali macchine includere in questo articolo di paragone. Per poter essere considerate, le macchine del caffè dovevano quindi essere prive di caldaia e collegamenti all’elettricità, di dimensioni da piccole a medie, che in ogni caso fossero trasportabili per qualche tipologia di viaggio e operate da un sistema a leva. Questo ultimo criterio ha escluso dal test molti prodotti potenzialmente molto validi con funzionamenti manuali che differiscono dal sistema a leva, ma è stato essenziale per poter mettere a confronto macchine che hanno lo stesso principio di funzionamento e al contempo avere un numero di prodotti che fosse realisticamente possibile poter testare in maniera approfondita. Alcuni esempi di funzionamenti esclusi da questo test sono il sistema a pompa manuale della Wacaco Picopresso o della Handpresso, il sistema a vite della Aram Soulcraft, della Portaspresso Rossa HC o della Emanuale, il sistema a stantuffo della Cafflano Kompresso, Staresso Plus o della The Forge e le moltissime altre alternative disponibili. Se ce ne sarà la richiesta si potrà poi valutare di estendere il paragone anche a queste tipologie di macchine espresso in futuro. Vi sono poi modelli che rientrano tra i criteri ma che non sono stati inclusi nel test perché non è stato possibile ottenere un’unità in test, né tramite il produttore né in altro modo (maggiori informazioni sui criteri e come ciascun prodotto è stato ottenuto qui). Infine ci sono alcuni modelli che non sono inclusi perché sono stati presentati quando la fase di test era ormai già in fase inoltrata.
Le macchine a leva portatili senza caldaia che sono state messe a confronto sono dunque 10 e sono le seguenti:
- Cafelat Robot (Barista Edition)
- Flair 58x
- Flair Neo Flex
- Flair Pro 2
- Hugh Leverpresso Pro
- Olympia Express Mina
- Rok EspressoGC (Commercial Edition)
- Rok Presso Smartshot
- Superkop
- Uniterra Nomad
Per la Flair 58 va fatta una precisazione in quanto la versione in possesso per questo test e illustrata nelle foto è la 58+, che si differenzia dalla 58x per alcune piccolezze estetiche e la presenza dell’unità elettrica che permette di preriscaldare il gruppo; tuttavia, per rispettare i criteri elencati in precedenza e mantenere il test equo con gli altri prodotti in lista, la macchina è sempre stata utilizzata come se fosse la versione X, senza la parte elettrica.
Infine va detto che in questo articolo si parlerà ampiamente di molteplici aspetti di ogni prodotto ma non si tratta di una recensione. Ci sarà quindi un’attenzione dedicata soprattutto nel mettere in evidenza le differenze e le similitudini di ciascuna macchina piuttosto che su aspetti specifici di ciascuna di esse.
Materiali, accessori inclusi e prezzi
Iniziamo questo confronto con una rapida ma doverosa panoramica su tre aspetti fondamentali: i materiali utilizzati, gli accessori inclusi e i prezzi dei prodotti testati. Va innanzitutto detto che tutte le macchine analizzate sono realizzate con materiali certificati (da enti di diverse nazionalità) per il contatto alimentare, specificamente sicuri anche a temperature di 100°C o superiori, un requisito essenziale per l’uso con acqua bollente. Naturalmente, parlare di materiali e accessori senza considerare il prezzo non sarebbe equo e anche se i costi possono variare sensibilmente da paese a paese in base alla reperibilità, alle tasse, ai dazi e alle spese di spedizione, per ciascun modello è stato indicato il prezzo approssimativo ordinandolo direttamente dal sito del produttore al momento della stesura di questo articolo. Tutti i prezzi sono IVA esclusa, non comprendono eventuali costi doganali o di spedizione, e qualora necessario sono stati convertiti secondo il tasso di cambio attuale.
Flair Neo Flex
La Flair Neo Flex ha una struttura principale interamente realizzata in plastica tranne per quanto riguarda il cilindro del gruppo che è in acciaio inox. Viene fornita con due filtri, uno pressurizzato e uno classico con supporto esterno in plastica e interno in acciaio inox, un bicchierino in plastica che fa anche da pressino, un imbuto in plastica per facilitare l’inserimento del macinato, un beccuccio ad un foro in plastica per convertire il “portafiltro” senza fondo, una doccetta in metallo da posizionare sopra i filtri, un coperchio in silicone per preriscaldare il cilindro/“gruppo”, un pistone in plastica con manometro integrato e una valvola di ricambio per il portafiltro pressurizzato. Tra quelle qui testate la Neo Flex è sicuramente la macchina espresso che ha una qualità costruttiva più bassa, ma ad un prezzo di 99$ / 89€ circa, anche quella considerevolmente più economica.

Rok Presso Smartshot
Seconda in termini di prezzo con i suoi 179€ / 199$ circa vi è la Rok Presso Smartshot. Disponibile in varie colorazioni, la parte centrale del corpo, così anche come il gruppo dove viene inserita l’acqua è realizzata in un polimero di nylon caricato con vetro; mentre le leve e l’anello superiore sono realizzate in alluminio pressofuso, le molle e il filtro in acciaio inox, la doccetta in silicone e il portafiltro in zinco cromato con manico in legno. Viene fornita con un cucchiaio di plastica che funge anche da pressino.

Rok EspressoGC
La sorella maggiore Rok EspressoGC viene venduta a 249€ / 277$ circa nella versione standard oppure a 279€ / 310$ circa per la versione Commercial Edition che monta un manometro per monitorare la pressione (come quella qui testata). Rispetto alla Smartshot, con la sua struttura interamente in alluminio pressofuso la EspressoGC è più solida senza comunque risultare eccessivamente pesante, mentre la parte del gruppo color nero, compreso il pistone è realizzata nello stesso polimero di nylon caricato con vetro di cui è composta la Presso Smartshot. La doccetta e il filtro sono invece in acciaio inox e il portafiltro in zinco cromato con manico in plastica. Il cucchiaio che funge da pressino è di plastica e viene anche fornito un leggero imbuto da posizionare sul filtro realizzato in nylon caricato di vetro.

Uniterra Nomad
Vi è poi la Nomad che come la Neo Flex presenta anch’essa un grande numero di parti plastiche ma rispetto alla Neo Flex trasmette sicuramente la sensazione di un prodotto molto più solido e ben costruito. Realizzate in metallo vi sono parti di contatto come la maniglia di aggancio del portafiltro, la leva e parte del suo meccanismo, la True Crema Valve, il filtro e la doccetta. Il portafiltro invece è realizzato da due parti; una superiore in POM (poliossimetilene) e una parte inferiore in materiale plastico. Viene in aggiunta fornito un pressino in metallo e il suo prezzo si aggira sui 299$ / 267€.

Hugh Leverpresso Pro
La Hugh Leverpresso Pro viene venduta ad un prezzo di approssimativamente 325$ / 292€ a cui sono da aggiungere 44$ / 40€ circa se si vuole anche lo stand. Il prodotto è realizzato quasi interamente in metallo, con il corpo principale, così come il portafiltro senza fondo, il filtro e la doccetta in acciaio inox, mentre le leve e il coperchio decorativo sono in alluminio. Fanno eccezione invece il bicchiere, il beccuccio doppio e il pressino che sono in plastica. Viene inoltre fornita una pratica custodia rigida per il trasporto. È anche disponibile una versione chiamata Lite che è composta da un numero maggiore di parti plastiche ma beneficia di un peso dimezzato e a 109$ / 97€, un prezzo notevolmente ridotto.

Flair Pro 2
La Flair Pro 2 condivide molte caratteristiche con la Neo Flex ma facendo uso di materiali più pregiati. La struttura principale è in alluminio pressofuso, mentre il cilindro del gruppo, la doccetta e in questo caso anche il pistone e l’intera unità del filtro sono realizzati in acciaio inox. Il pistone ha comunque un foro dove ci va inserito il perno che integra il manometro che è realizzato in plastica. Tra gli altri componenti inclusi vi sono poi la griglia poggia tazze e il beccuccio per il filtro realizzati in acciaio inox, un imbuto per facilitare il riempimento del filtro e un bicchierino per facilitare il sollevamento del pistone entrambi in plastica, un tappo in silicone per preriscaldare il gruppo e un pressino in metallo. Il tutto è protetto da una pratica borsa rigida per il trasporto. Purtroppo la Flair Pro 2 non è più disponibile in quanto durante la scrittura di questo articolo è stata sostituita dalla Flair Pro 3. La nuova versione viene venduta a 325$ / 292€ circa e si differenzia dalla versione da me testata per un gruppo in acciaio più sottile e la presenza tra gli accessori di uno specchio snodabile e un imbuto in silicone per preriscaldare il gruppo su di un bollitore.

Cafelat Robot
La Cafelat Robot è realizzata interamente in metallo, con il corpo principale in alluminio pressofuso e successivamente verniciato a polvere in molteplici colorazioni, mentre tutte le parti a contatto con l’acqua quali il pistone, il filtro, la doccetta e l’aggancio per il portafiltro con i due beccucci sono in acciaio inox. Sono in acciaio inox anche la restante parte del portafiltro e il pressino. Viene inoltre fornito un tappetino protettivo in silicone per proteggere la vernice sulla base da potenziali graffi, un tappo in silicone per facilitare il preriscaldamento, delle guarnizioni di ricambio con anche una piccola confezione di silicone lubrificante e dei filtri di carta che si possono utilizzare al posto della doccetta metallica. La Cafelat Robot viene venduta ad un prezzo di approssimativamente 385€ / 428$ per la versione classica e 456€ / 507$ per la versione Barista come quella qui testata che ha l’aggiunta del manometro per monitorare la pressione.

Flair 58
La Flair 58 è anch’essa costruita principalmente in metallo con la struttura in alluminio pressofuso verniciata di nero e il gruppo compreso il pistone in acciaio inox. La doccetta tradizionale in questo caso è stata rimossa del tutto e viene fornita al suo posto una doccetta da contatto (puck screen) da mettere direttamente sopra il pannello di caffè anch’essa in acciaio inox, ma in questo caso con un rivestimento PVD (deposizione fisica da vapore). Il portafiltro invece è di tipo senza fondo ed è in ottone cromato con un manico in legno che riprende gli accenti in legno del manico della leva. In dotazione viene anche fornito un filtro denominato “low-flow” e un pressino in acciaio inox, un pratico specchio articolato, un tappetino in silicone per appoggiarci le tazzine o la bilancia, un paio di guarnizioni di ricambio e due chiavi a brugola per avvitare le viti della base e del gruppo. La Flair 58 nella versione 58x parte da un prezzo di 495$ / 445€.

Superkop
La Superkop ha il corpo principale in alluminio pressofuso verniciato a polvere e disponibile in varie colorazioni con una massiccia base in legno riciclato di Hevea (anche conosciuto come legno dall’albero della gomma, rubberwood o parawood). I componenti del meccanismo interno della leva così come anche la leva, il portafiltro a due beccucci (compreso il manico), il filtro, la doccetta e la griglia poggia tazzine sono in acciaio inox. Il pistone invece è in POM (poliossimetilene), il bicchiere che integra la doccetta è in policarbonato e la vaschetta raccogli gocce è in plastica. Viene inoltre fornita una chiave Torx per l’assemblaggio iniziale. Manca invece all’appello un pressino che non è nemmeno acquistabile a parte dal produttore. La Superkop viene venduta a circa 660€ / 734$.

Olympia Express Mina
Infine la più costosa del gruppo è la Olympia Mina. Per un prezzo approssimativo di 957€ / 1064$ offre una costruzione interamente in metallo; con gruppo a doppia parete dove l’interno è in acciaio inox e l’esterno in alluminio anodizzato. Il pistone così come anche l’unità della leva, le gambe, la doccetta e il filtro sono in acciaio inox. Il portafiltro invece è di tipo senza fondo ed è realizzato in ottone cromato mentre i manici sono di plastica. In dotazione vengono anche forniti un pressino e un piatto lucidato a specchio per poggiare le tazzine entrambi in acciaio inox, una chiave a brugola per la manutenzione e una custodia rigida per il trasporto.

Costruzione e specifiche tecniche
Sebbene tutte appartenenti alla stessa categoria, sin dal primo contatto con le macchine si possono notare delle apparenti differenze tra l’una e l’altra in termini di approccio e filosofia. La Flair 58 e la Superkop sono sicuramente le più grandi, mentre la macchina più piccola è senza dubbio la Leverpresso di Hugh. Altre differenze importanti ci sono però nella tipologia di leve che montano, la dimensione dei filtri e l’output massimo che ognuna riesce a generare.
Tipologie di leva
Spesso le macchine a leva vengono generalizzate come una singola categoria quando invece esistono molti tipi diversi di funzionamenti a leva. La Olympia Mina, la Flair 58, Neo Flex e Pro 2 presentano il più classico sistema a singola leva diretta; mentre la Cafelat Robot, la Rok EspressoGC e la Hugh adottano un sistema a doppia leva per applicare la pressione.

Sistema a doppia leva della Rok EspressoGC aggiornato nel 2022
La Rok Presso Smartshot presenta anch’essa un sistema a doppia leva ma a differenza degli altri modelli precedentemente menzionati, quest’ultimo è assistito da due molle. Infine la Uniterra Nomad dispone di un sistema basculante proprietario che sfrutta la leva in tutta la sua fase sia di discesa che di risalita per generare pressione, mentre la Superkop presenta un innovativo sistema a cremagliera volto a ridurre lo sforzo necessario durante l’utilizzo. Delle peculiarità di questi diversi sistemi ne verrà discusso nel capitolo riguardo l’ergonomia.
Dimensioni filtri
Vi sono poi notevoli differenze in termini di dimensioni dei filtri sia per quanto riguarda il diametro che per quanto riguarda il loro volume utile. In termini di diametro si parte dalla Superkop, Flair 58 e Cafelat Robot che hanno filtri da 58-59 mm per poi andare alle Rok, la Hugh, la Olympia e la Nomad che hanno filtri da 50-51 mm fino ad arrivare ai 45 mm della Flair Pro 2 e i 40 mm della Flair Neo Flex.

In ordine di volume utile, da sinistra a destra, dall'alto verso il basso, filtro Cafelat Robot, Flair Pro 2, Flair 58x, Hugh Leverpresso Pro, Superkop, Uniterra Nomad, Rok EspressoGC, Flair Neo Flex, Olympia Mina, Rok Presso Smartshot.
Diametri più piccoli però non significano sempre volumi utili minori, in quanto la quantità di caffè che possono contenere può variare significativamente a dipendenza della loro profondità ma anche dalla presenza o meno di una doccetta e da in che modo essa va ad interagire con il filtro. Per misurare questo valore ogni filtro è stato riempito al suo massimo fermandosi appena prima che il caffè andasse a toccare la doccetta (quando presente) e poi misurando il peso del caffè contenuto.
È importante notare che questa è solo una misura indicativa per mettere in evidenza le differenze in quanto la quantità di caffè che un filtro può contenere può cambiare considerevolmente in base alla densità del caffè utilizzato e al grado di macinatura. Inoltre la Presso Smartshot di Rok viene fornita con unicamente un filtro pressurizzato; mentre la Flair Neo Flex fornisce sia un filtro pressurizzato che uno classico e la Nomad monta una valvola chiamata TCV (True Crema Valve) che permette di rendere il filtro tradizionale pressurizzato o meno a dipendenza se la si lascia montata o smontata. Tutte le altre macchine forniscono un filtro standard nella dotazione.
Infine una piccola premessa va anche fatta sul caffè usato per questi test, una miscela di qualità commerciale con tostatura scura macinata con un Bentwood Vertical 63 regolato a 120 micron. Anche se non è il tipo di caffè che probabilmente berrebbe la maggior parte degli utilizzatori che leggono questo articolo, è stato scelto un caffè commerciale per rispetto di tutto il lavoro che c’è dietro ogni chicco dei caffè di qualità e sarebbe stato irrispettoso sprecare dei caffè che un numero considerevole di persone ha trascorso molteplici ore a raccogliere e a selezionare a mano.
Ma ora veniamo ai risultati. Tra quelli testati, il filtro con la capienza inferiore è quello della Rok Smartshot che proprio per il fatto che è un filtro pressurizzato di quelli classici, la sua capienza è ridotta rispetto al suo volume totale. Aiutato però dal fatto che la Smartshot ha una doccetta in silicone piatta, senza sporgenza, il filtro è comunque riuscito a contenere un massimo di 16 grammi. Riempire il filtro fino poco sotto il bordo com’è possibile fare con tutte le macchine che non hanno una doccetta o che ne hanno una che non sporge non è comunque stato facile ed è indispensabile un collare / imbuto che permette di contenere il caffè prima di essere pressato. Con una capienza di 17 grammi, troviamo poi il filtro della Olympia Mina, seguito dai 18 della Rok EspressoGC e del piccolo ma profondo filtro da 40mm della Flair Neo Flex. Allo scalino dei 19 grammi troviamo ben 3 macchine di cui 2 con filtro da 50-51 mm di diametro; ovvero la Nomad e la Hugh, mentre la terza con filtro da 59 mm, la Superkop. In questo caso sia la Nomad che la Hugh riescono a contenere più caffè di quanto apparirebbe a prima impressione per il fatto che hanno una doccetta che non sporge mentre la Superkop ne contiene relativamente poco rispetto il diametro per via del bicchiere con doccetta integrata che va inserito nel filtro. Infine le macchine con la maggiore capienza in termini di caffè sono la Flair Pro 2 che è riuscita a contenere fino a 22 grammi di caffè e la Robot che per via del suo design non ha veramente limiti in termini di caffè che si può inserire nel profondissimo filtro, ma più caffè si inserisce meno spazio per l’acqua rimane.
La capienza ideale dipende dalle preferenze individuali: una capacità maggiore non è sempre sinonimo di vantaggio poiché potrebbe comportare una minore efficienza con dosi più basse. Alcuni utilizzatori, ad esempio, preferiscono usare 14-15 grammi di caffè per risparmiare chicchi o per ottenere estrazioni con rapporti più lunghi; altri, invece, non scenderebbero mai sotto i 18-19 grammi. Per questo motivo è sempre importante mettere in relazione il volume utile di ogni filtro al suo diametro e alle proprie preferenze personali.
Output massimo
Altro fattore che dipende ampiamente dal modo in cui è stata disegnata una macchina e non tanto dalle dimensioni esterne come si sarebbe inizialmente portati a credere è l’output massimo che si riesce ad ottenere in termini di caffè in tazza. Come per il volume utile di ogni filtro, anche questo valore è approssimativo in quanto può variare a seconda della dose utilizzata, a quanta acqua quest’ultima trattiene, dalla presenza o meno di aria tra il pistone e il caffè e, qualora la quantità di acqua contenuta nel gruppo è maggiore della capienza sotto il pistone, anche dalla lunghezza della preinfusione. È dunque stato deciso di approcciare questo test con gli stessi parametri del test precedente così da scoprire qual è l’output massimo di ogni macchina quando viene usata la dose massima di caffè macinato che il filtro permette di utilizzare. Tutti i test sono da considerarsi con un’unica corsa del pistone, senza dunque le cosiddette manovre “Fellini” che permettono in alcuni casi di ricaricare nuova acqua. Va anche considerato che il caffè usato al momento del test era già tostato da diversi mesi e pertanto già ampiamente ossidato, il che permetteva all’acqua di fluire più facilmente rispetto ad un caffè fresco che per esperienza propria tende anche a trattenere maggiore acqua. Per tutti i test è comunque stato usato lo stesso caffè, ma qualora se ne utilizzasse uno più fresco i valori potrebbero essere leggermente inferiori.
La macchina con l’output massimo più limitato è stata la Olympia Mina che con una dose di 17 grammi nel filtro e una singola corsa della leva è riuscita a estrarre 32 grammi di espresso prima che il flusso si fermasse e iniziasse solo a gocciolare. A seguire vi è la Rok EspressoGC da cui è stato possibile ottenere 34 grammi, poi troviamo la Rok Presso Smartshot e la Flair Neo Flex con 40 grammi seguite dai 45 grammi raggiunti dalla Flair Pro 2. Alla soglia dei 50 grammi troviamo la Cafelat Robot, susseguita dalla Flair 58 che ha raggiunto i 55 grammi. Con un certo distacco e a lasciare a bocca aperta, soprattutto considerando che è il prodotto più piccolo, troviamo la Hugh, che è riuscita ad erogare ben 65 grammi di bevanda con una dose da 19 grammi. A batterla ci è riuscita solo la più grande di categoria, la Superkop che anch’essa con una dose da 19 grammi è riuscita ad erogare un massimo di 80 grammi in tazza.
Esperienza d’utilizzo e qualità dei risultati
Per quanto riguarda l’esperienza d’uso, va innanzitutto precisato che il fattore principale che influenza questo aspetto per qualsiasi macchina del caffè di questa tipologia è il tipo di bollitore in possesso. Avere un bollitore che permette di riscaldare rapidamente la quantità d’acqua necessaria, possibilmente ad una determinata temperatura e di versare quest’ultima in modo più o meno controllato è un grosso vantaggio in termini di utilizzo e piacevolezza d’uso di questi prodotti. Perciò se non ne dispone già di uno, assieme al costo della macchina del caffè va probabilmente anche considerato il costo di un buon bollitore a meno che non si abbia intenzione di usare la macchina del caffè esclusivamente per viaggi.
Fatta questa premessa, si può dire che i fattori per i quali l’esperienza d’uso di queste macchine differisce maggiormente in positivo o in negativo sono principalmente 3 e sono i seguenti: ergonomia, flusso di lavoro e facilità nell’ottenere buoni risultati.
Ergonomia
In questo caso non si sfugge dalla fisica e le macchine di maggiori dimensioni sono anche quelle con una migliore ergonomia mentre le più piccole vanno a sacrificare questo aspetto per cercare di concentrare il maggior numero di componenti nel minor spazio. La Flair 58 e la Superkop quindi sono più pratiche da usare rispetto alle altre perché i loro maggiori spazi permettono di inserire e sganciare i portafiltri con facilità senza rischiare ogni volta di rovesciare le tazzine di caffè. C’è ampio spazio per un comodo uso di una bilancia, le leve sono di lunghe dimensioni con comode impugnature, hanno una base stabile che trasmette sicurezza e che non bisogna preoccuparsi di tenere ferma. In particolare il sistema a cremagliera della Superkop necessita che la leva venga abbassata e alzata più volte ma a beneficiarne notevolmente è il piacere d’uso poiché la forza necessaria è veramente minima.

D’altro canto più le macchine diventano piccole e più hanno bisogno di entrambe le nostre mani, che sia una per abbassare la leva e l’altra per dare stabilità alla base come nel caso della Flair Pro 2, Neo Flex e la Olympia Mina, o entrambe per abbassare le due leve e concentrare la forza verso il centro come nel caso delle due Rok, la Robot o la Hugh. Come dimostrato dalla Superkop, la forza necessaria da applicare per l’estrazione non dipende solamente dalla lunghezza della leva ma anche se ci sono una oppure due leve, dal rapporto che esse hanno con il diametro del filtro e dal tipo di costruzione. In generale però in questo caso più il modello era di piccole dimensioni e maggiore era la forza necessaria da applicare sulle leve per raggiungere i corretti parametri di estrazione, con forse 3 eccezioni.
La prima è la Flair 58 che nonostante la sua lunga leva, per via del grande filtro da 58-59mm necessita comunque di una buona forza per raggiungere i 6-9 bar di pressione; perlomeno di più di quello che ci aspetterebbe inizialmente.

La seconda è la Rok Smartshot che per via delle leve lunghe quanto tutto il corpo della macchina, il sistema in cui è disegnato il fulcro, e l’assistenza data dalle molle, necessita di meno forza rispetto alle concorrenti di simili dimensioni. La Hugh applica un approccio simile per quanto riguarda le leve che sono lunghe quanto tutto il corpo; ma siccome il corpo è grande la metà mentre il filtro è pressoché dello stesso diametro della Smartshot, necessita di molta più forza per essere operata.

Infine che riesce in qualcosa di straordinario è la Nomad, che grazie al suo innovativo sistema a leva riesce ad essere al contempo una delle macchine più compatte e anche la seconda che richiede meno forza in assoluto, preceduta solamente dalla Superkop. La più grande pecca della Nomad in termini di esperienza d’uso è la sua bassa altezza, il che obbliga l’utilizzo di tazzine con un profilo molto basso e nella maggior parte dei casi non permette l’utilizzo di una bilancia. Questo inconveniente può essere aggirato tramite la stampa 3D di un apposito supporto che rialza la Nomad da terra seguendo le sue forme.

Un ultimo aspetto importante da evidenziare riguardo l’ergonomia è la forma delle leve e dell’impugnatura. La Flair 58 ad esempio è l’unica ad avere un’impugnatura a T che rispetto alle altre con una leva singola (Nomad e Superkop escluse), mette meno sotto stress le articolazioni del polso. La Mina invece ha un’impugnatura relativamente corta il che significa che l’angolo finale del manico va spesso a premere al centro del palmo. Mentre la Robot (a meno che non si acquistano le impugnature aggiuntive) e, in misura minore, la Hugh, hanno delle leve sottili che quando si applica una notevole forza possono anch’esse risultare inconfortevoli sui palmi.
Flusso di lavoro
Altro aspetto fondamentale per un piacevole o meno utilizzo quotidiano di un prodotto è il numero di pezzi che vanno assemblati e smontati per ogni utilizzo e la loro facilità di pulizia.

Cilindro, pistone, filtro e doccetta Flair Neo Flex
A spiccare in termini di complessità del flusso di lavoro e numero di componentistica che va assemblata ad ogni preparazione vi sono la Flair Pro 2 e la Flair Neo Flex; non solo perché hanno 4-5 pezzi che vanno assemblati rispetto ai 2-3 di tutte le altre, ma soprattutto perché hanno un pistone che la macchina è solo in grado di spingere verso il basso e non è anche in grado di sollevare. Questa particolarità fa sì che a fine estrazione e una volta ripulito tutto bisogna andare a cercare l’apposito bicchierino (che nel caso della Neo Flex è lo stesso che fa anche da pressino ma nella Pro è un pezzo in più) per spingere nuovamente il pistone verso l’alto e ripristinarlo per il prossimo uso. Anche separare il cilindro dal filtro quando quest’ultimo contiene ancora il caffè non è proprio piacevole e si può rischiare di sporcarsi con qualche schizzo di acqua calda mista a caffè macinato. È invece risultato molto comodo il collare / imbuto che viene fornito con entrambi i modelli che, sebbene di plastica, funziona egregiamente in quanto si posiziona saldamente all’esterno del filtro permettendo di inserire il macinato con facilità e si può persino pressare il caffè con l’accessorio ancora in posizione.
Altro accenno va fatto alla scelta dei filtri. Ci sono persone che, come il sottoscritto, hanno una certa ostilità verso i filtri con lo scalino (“ridge”) e sarebbero dell’opinione che dovrebbero essere banditi dalle macchine espresso per uso domestico. Questo perché molti “baristi casalinghi”, vogliono poter separare il filtro dal portafiltro per pulirlo dopo ogni utilizzo e la presenza di questo scalino rende questa operazione estremamente difficile senza attrezzi esterni, soprattutto quando i portafiltri non sono di tipo senza fondo. Questa volontà però può anche essere determinata da portafiltri che non stanno piani quando poggiati e quindi si preferisce preparare il pannello di caffè nel filtro separato prima di inserirlo nel portafiltro, soprattutto se si macina single-dose.
Nella categoria di marchi che hanno scelto di adottare questa discutibile scelta troviamo dunque 4 macchine. Le prime 2 sono la Superkop e la Flair 58, pertanto entrambe macchine per le quali fortunatamente è disponibile un’ampia selezione di filtri che sono privi di questa caratteristica; mentre le altre 2 sono le Rok. Quest’ultime sono riuscite a stupire per quanto complicato sono riuscite a rendere qualcosa di concettualmente così semplice come i filtri. Esse infatti non presentano il classico scalino che sporge verso l’esterno, ma bensì uno che sporge verso l’interno del filtro. Questo (fortunatamente) va ad inficiare su quello che dovrebbe essere il vantaggio principale di questi filtri, ovvero quello di rimanere saldi in posizione nel portafiltro; ma va in aggiunta a creare due altri grossi problemi. Il primo è quello che obbliga l’utilizzo di un pressino dal diametro considerevolmente più piccolo del dovuto perché altrimenti va ad urtare contro questo scalino; mentre il secondo è che questo scalino trattiene il pannello di caffè al momento della pulizia, rendendo difficile estrarlo dal filtro con un classico colpo sul battifondi e forza all’utilizzo di altri utensili per romperlo e rimuoverlo a pezzi.
Le due Rok hanno inoltre il pressino di plastica a forma di cucchiaio che è particolarmente fastidioso da usare perché impreciso, per nulla ergonomico ma anche perché il manico laterale impedisce di utilizzarlo in abbinamento al collare. Un pressino di metallo è sempre più piacevole da utilizzare ma trovo che soprattutto per questa categoria di macchine che spesso sono usate anche per il viaggio, la leggerezza ha anche il suo valore e quindi se fatto bene anche un pressino di plastica può essere adatto. Un caso esemplare è quello della Hugh, dove il pressino non è nulla di particolare, ma è leggero, solido, con le pareti verticali e non eccessivamente svasate, dalle giuste misure, comodo da usare e si inserisce perfettamente nel bicchiere senza dunque occupare ulteriore spazio nella borsa da viaggio. Non altrettanto buono ma comunque funzionale, soprattutto considerando il prezzo è il pressino di plastica della Neo Flex. Flair Pro 2, Olympia Mina, Nomad, Cafelat Robot, e Flair 58 hanno invece tutte un pressino di metallo di buona fattura; unica esclusa che non ha né un pressino e nemmeno un collare per facilitare il riempimento del filtro è la Superkop al cui prezzo va aggiunto il costo di questi due componenti senza i quali è difficilmente utilizzabile.

Per quanto riguarda la questione sempre molto dibattuta del preriscaldamento, qui altri utilizzatori di queste macchine con esperienze diverse potrebbero probabilmente trovarsi in disappunto. In generale, per la tipologia di espressi cui tendo ad estrarre, ovvero con una macinatura molto fine, una preinfusione di media-lunga durata, un rapporto che raramente va oltre il 1:2 e una tostatura da media a chiara, raramente c’è stata la necessità di spendere molto tempo nel preriscaldare i vari componenti di ciascuna macchina. Questa tipologia di macchine del caffè potrebbe non essere adatta se si vive in località superiori ai 2'000 metri (6'600 piedi) dove non si riesce a riscaldare l’acqua oltre i 93°C (200°F), ma altrimenti è spesso sufficiente impostare il bollitore ad una temperatura di qualche grado superiore alla temperatura desiderata o nel peggiore dei casi posizionare qualche componente sopra il bollitore mentre si riscalda. Certo, in alcuni casi avere tutti i componenti perfettamente preriscaldati può aiutare a ricavare qualche sfumatura in più dai nostri espressi, ma nella maggior parte dei casi sono stato in grado di ottenere buoni risultati anche senza questi passaggi. In questo caso non sono state effettuate misurazioni con un termometro di quanto cala la temperatura dell’acqua a contatto con le macchine perché per via di tutte le differenze in termini di costruzione, tale misurazione avrebbe solo creato confusione; ho dunque preferito lasciar decidere al mio palato e preriscaldare solo se ne sentivo la necessità.
Spesso più impattante del preriscaldamento sul flusso di lavoro è invece l’acqua che può restare immagazzinata tra un’estrazione e l’altra e che se si dimentica può andare a notevolmente sfalsare la temperatura di estrazione. Il caso più eclatante è quello della Nomad, la quale ha un grande serbatoio che può ospitare una quantità d’acqua sufficiente per estrarre diversi espressi ma, a meno che non si disponga di diversi filtri preparati in precedenza da poter inserire in sequenza uno dietro l’altro, l’acqua rimanente dal caffè precedente va prima rimossa completamente e sostituita da acqua “fresca” per il caffè successivo. Ci sono alcuni modelli che fanno eccezione come la Robot, la Superkop, la Flair Pro 2 e la Neo Flex dove questo problema non si pone perché è impossibile pulire il filtro senza anche rimuovere l’acqua in eccesso, ma diverso è il caso di macchine come la prima menzionata Nomad, le Rok, la Mina, la Hugh e la Flair 58, dove invece è fondamentale, a fine estrazione, posizionare una seconda tazza e abbassare di nuovo la leva per far uscire tutta l’acqua residua. In alternativa, si può rimuovere capovolgendo l’intera macchina sopra il lavandino.
Qualità espressi e facilità d’uso
Giudicare la qualità degli espressi e metterli a confronto tra diverse macchine è sempre un compito molto difficile perché tutto dipende dal caffè che si sta utilizzando, dall’esperienza che si ha nell’utilizzare una macchina rispetto che un’altra, da quanto tempo è passato nel valutare gli espressi, cosa si è mangiato prima, l’ordine di assaggio, l’affaticamento del palato, l’ora del giorno, la tazzina utilizzata e molti altri fattori. Per cercare di minimizzare queste differenze e dare un giudizio il più obbiettivo possibile ho dunque scelto un caffè di mio gradimento, in questo caso un Ethiopia Duwancho naturale tostato da Skylark con tostatura media, e ho dedicato diversi giorni di tempo per cercare di trovare i parametri migliori con ciascuna macchina. In questo caso quindi non ho cercato di estrarre tutti i caffè allo stesso modo ma bensì, dopo aver utilizzato per un periodo di tempo esteso ogni macchina e conoscendone le particolarità di ognuna, ho cercato di adattare il modo di estrazione per cercare di ottenere il meglio da ognuna di esse. Dopodiché, una volta trovati i parametri migliori ho dedicato una giornata di tempo nel estrarre e assaggiare uno dopo l’altro ogni caffè seguendo i dati che mi ero registrato per la preparazione. Per un confronto valido, gli unici parametri che sono stati tenuti costanti sono stati i chicchi di caffè che per tutte le macchine venivano dallo stesso lotto di tostatura e il rapporto che è stato tenuto costante a 1:2 per ogni caffè così da comparare espressi della stessa tipologia e non ad esempio uno più ristretto con uno più lungo. Inoltre, tutti i test sono stati effettuati con le attrezzature a temperatura ambiente senza preriscaldamento, ogni caffè è stato macinato con lo stesso macinacaffè (un Bentwood Vertical 63), per ogni caffè è sempre stata portata a bollore acqua fresca, è sempre stata usata la stessa tazzina e sono state rieffettuate le estrazioni qualora il risultato non rispecchiava ciò che era stato osservato dai test precedenti con quella specifica macchina del caffè.
Nella seguente tabella trovate un riassunto dei risultati di questo test mentre se siete interessati alla versione integrale compresa di estrazioni rieseguite, dose in e out, temperatura acqua, macinatura, temperatura di assaggio, ora di assaggio, TDS e Extaction Yield per ogni caffè, a questo link trovate il file che ho caricato su Patreon, il quale, se state apprezzando questo articolo, è anche un ottimo modo per supportare gli sforzi compiuti.
Categoria | Superkop (2° tentativo) |
Hugh Leverpresso Pro | Rok EspressoGC (3° tentativo) |
Rok Presso Smartshot (2° tentativo) |
Olympia Express Mina | Uniterra Nomad | Flair Pro 2 | Flair Neo Flex | Flair 58 | Cafelat Robot |
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Amaro | 2 | 3 | 2 | 3 | 3 | 2 | 2 | 2 | 3 | 2 |
Dolcezza | 8 | 9 | 9 | 8 | 8 | 6 | 9 | 9 | 7 | 8 |
Acidità | 6 | 6 | 6 | 7 | 7 | 7 | 6 | 6 | 7 | 7 |
Corpo | 7 | 8 | 8 | 8 | 7 | 6 | 9 | 8 | 6 | 5 |
Retrogusto | 8 | 9 | 7 | 8 | 9 | 7 | 9 | 9 | 8 | 8 |
Apprezzamento generale | 9 | 8 | 10 | 8 | 7.5 | 6.5 | 8.5 | 8.5 | 6.5 | 9.5 |
Note sul gusto | Estrazione uniforme e ben bilanciata, con corpo superiore rispetto alla Robot ma minore complessità aromatica. | Profilo morbido e armonico, con acidità rotonda, dolcezza marcata e retrogusto persistente. | Eccellente estrazione priva di difetti, con note fruttate di albicocca e nettarina ancora più evidenti della Robot e struttura ben sviluppata. | Ottima estrazione, caratterizzata da dolcezza intensa, corpo pieno, acidità equilibrata e assenza di channeling. | Tazza ben estratta, molto gradevole, con leggera accentuazione dell’asprezza rispetto a Hugh. | Estrazione piacevole, seppur meno dolce rispetto ad altre; indicata per chi predilige un finale più pulito rispetto che la massima dolcezza e corpo. | Profilo molto dolce e spesso al palato, con buona acidità. Simile a quanto ottenuto con Hugh ma con leggermente meno amaro e più corpo. | Risultato quasi identico alla Pro 2, con minime variazioni attribuibili a questa estrazione come un'acidità un filo più aspra e un filo meno di corpo. | Espresso di buona fattura, bilanciato, senza particolari difetti ma nemmeno il più sorprendente. Finale leggermente "verde". | Tazza complessa e ben equilibrata; spicca per sfumature aromatiche e armonia generale, a fronte di un corpo leggermente inferiore. |
Va ricordato che i dati mostrati qui sopra non sono assolutamente da considerare come valori assoluti poiché per quanto ho cercato di essere il più obbiettivo possibile, si riferiscono comunque ad un solo caffè con la combinazione di uno specifico macinacaffè e quindi semplicemente cambiando il caffè o il macinacaffè utilizzato, l’apprezzamento maggiore dell’espresso di una macchina rispetto che ad un'altra potrebbe cambiare. Per questo è importante parlare non solo del risultato massimo che è stato possibile ottenere con ognuna delle macchine testate ma soprattutto della facilità con cui si arriva a quei risultati e con quale regolarità si riesce ad ottenere ottimi risultati da ciascun prodotto.

Da questo punto di vista ha sorpreso molto la Leverpresso Pro di Hugh da cui difficilmente sono usciti degli espressi che non erano buoni e molto spesso ben migliori delle aspettative, anche quando usata nella sua forma più essenziale, senza stand e dunque forzatamente senza bilancia, puramente a sensazione. Difficile spiegare la motivazione che verosimilmente si riconduce a molteplici fattori, ma probabilmente è dovuta in gran parte alla sua capacità di bagnare il caffè con estrema uniformità, risultando in espressi che erano sempre morbidi e piacevoli al palato senza segni di canalizzazioni (channeling) ne nella loro forma più accentuata che in quella più lieve.
Successivamente vale la pena menzionare la Flair Neo Flex e Pro 2 che grazie ai loro filtri dal diametro ristretto e molto profondi sono estremamente permissive. Anche loro come la Hugh difficilmente restituiscono un espresso che sia sgradevole se si usa una buona materia prima. Le macchine con un output più limitato hanno anche un vantaggio da questo punto di vista. Sebbene esso possa essere uno svantaggio per quanto riguarda la tipologia di espressi che si può produrre, un output limitato può essere un vantaggio se si vuole restare su di un più tradizionale rapporto di 1:2 in quanto basta spingere il pistone fino a fine corsa e anche senza l’ausilio di una bilancia ci si troverà sempre approssimativamente nella fascia giusta. Rientrano in questa categoria quindi macchine come la Rok EspressoGC e la Olympia Mina. Quest’ultima assieme alla Hugh e alla Robot sono inoltre le uniche ad avere un filtro con fori elettro-lucidati che per esperienza personale tendono a dare un risultato più uniforme, oltre che ad essere più facili da pulire.
La Nomad tende invece a dare risultati che sono come la sua leva, altalenanti. I caffè sono perlopiù buoni, ma il suo sistema a leva necessita di un po’ di pratica e il suo output pressoché illimitato abbinato al fatto che è difficile utilizzare una bilancia senza un rialzo, fa sì che spesso si vada più lunghi del dovuto.
La doccetta della Superkop, come quella della Hugh, fa anche un eccellente lavoro; prima nel proteggere il pannello di caffè quando ci si versa sopra l’acqua dal bollitore, e poi successivamente nel diffonderla in modo uniforme. Il suo pannello di caffè più sottile dovuto all’ampio diametro del filtro però la rende un po’ più soggetta a occasionali problemi di canalizzazioni. Problemi che sono invece ben più frequenti sulla Flair 58 che dispone di una semplice doccetta da contatto (puck screen) ad un solo strato con fori piuttosto larghi. Infine la Rok Presso Smartshot ha saputo dare degli ottimi risultati durante i test, ma sono stati molto saltuari, dovuti principalmente al filtro pressurizzato di bassa qualità che non riesce nel suo intento di garantire con facilità risultati gradevoli da un pubblico non troppo pretenzioso e complica le cose quando si cerca di ottenere ottimi risultati.
Trasportabilità
In termini di trasportabilità, le macchine testate si differenziano principalmente in 3 categorie. Quelle che si prestano principalmente per dei viaggi in camper o dei tipi di viaggi in auto, magari verso una casa di vacanza dove l’ingombro e il peso non è un grosso problema; poi ci sono quelle che sono di dimensioni già più piccole, che magari hanno anche una borsa per il trasporto e che si possono prestare anche per dei viaggi in aereo e infine quelle le cui dimensioni sono talmente compatte da poter considerare di metterle persino in uno zaino per delle escursioni.
Nella prima categoria troviamo la Superkop e la Flair 58 che con i loro rispettivi 6,5 kg (14,3 lbs) e 3,8 kg (8,3 lbs) circa, sono le più pesanti del lotto. Se il peso non è un problema, la Superkop è comunque di facile trasportabilità grazie ai pochi pezzi di cui è composta e qualora la si volesse smontare basta allentare 2 viti sotto la base ed il gioco è fatto. La Flair 58 invece, sebbene abbia qualche parte in più, offre una solida valigia dedicata stile “Pelican” venduta a parte degna delle attrezzature più professionali. In questa valigia ogni accessorio ha il proprio scompartimento dedicato ed è persino protetto dall’acqua.
Tra le macchine che i più sfegatati possono considerare di mettere in valigia per un viaggio in treno o in aereo o magari persino per un campeggio in tenda troviamo la Cafelat Robot, la Olympia Mina, la Flair Pro 2, la Rok EspressoGC, la Rok Presso Smartshot, la Uniterra Nomad e la Flair Neo Flex con pesi che vanno dai 3 kg (6,6 lbs) circa della Robot fino ai 1,1 kg (2,5 lbs) circa della Neo Flex. In questo caso la Olympia Mina e la Flair Pro 2 sono le uniche che vengono vendute con una custodia rigida protettiva già in dotazione, mentre per la Neo Flex è acquistabile opzionalmente. La Cafelat Robot, le 2 Rok e la Nomad non ne hanno una ufficiale venduta dal produttore.
Per via del modo in cui le basi o i piedi di appoggio sono disegnati, pressoché tutti questi modelli necessitano di una superficie perfettamente piana per essere utilizzati altrimenti non risultano stabili e si rischia anche di rovinare le superfici. Questo è risultato un problema in alcuni casi specialmente per gli utilizzi più all’aperto, nella natura, dove superfici perfettamente lisce non sono sempre disponibili. Soprattutto macchine che hanno una base piena con piedini molto bassi come la Robot, le Rok o la Nomad possono facilmente risultare instabili anche su un semplice tavolo in pietra grezzo ma anche la Flair Pro 2, Neo Flex e la Mina non se la cavano molto meglio in quanto è sufficiente che uno dei punti di appoggio sia leggermente più basso e l’intera macchina traballerà risultando difficile esercitare la forza sulle leve.

Portafiltro, filtro e doccetta Cafelat Robot
L’altro punto da considerare è l’apertura del foro in cui si inserisce l’acqua poiché se si è in un hotel dove c’è un bollitore che non si conosce o addirittura all’aperto e si sta riscaldando l’acqua con un fornello a gas, avere un’ampia apertura dove versare l’acqua è un vantaggio non da poco. Da questo punto di vista la Robot e la Superkop sono quelle che sicuramente pongono meno problemi, mentre la Flair Pro 2, Flair 58 e Olympia Mina potrebbero a volte presentare delle difficoltà a dipendenza della forma dei recipienti. Le restanti invece sono abbastanza versatili, chi leggermente di più e chi leggermente di meno. Qualora il recipiente in cui si fa bollire l’acqua non fosse costituito da un beccuccio sufficientemente sottile bisogna prima versare l’acqua in un altro recipiente andando di conseguenza a perdere temperatura o portarsi con sé un imbuto che facilita questa operazione.
Infine nella categoria di macchine che sono compatte al punto tale da poterle mettere anche in uno zaino, ma che chiaramente possono anche adattarsi per gli utilizzi delle categorie precedenti, troviamo un solo prodotto, la Hugh Leverpresso Pro. Leggera ma non leggerissima, però solida ed estremamente compatta per una macchina espresso a leva, la Hugh può essere trasportata quasi ovunque, anche grazie alla sua custodia rigida che la protegge durante le nostre avventure. Grazie alla sua piccola area di appoggio può essere utilizzata su un numero di superfici maggiore rispetto alle altre macchine del test, bisogna però lasciare a casa la bilancia e affidarsi maggiormente ai propri sensi siccome nella sua forma più compatta la forza va applicata direttamente sul suo bicchiere. In questo caso avere un beccuccio sottile risulta anche un vantaggio, si può però, con un po’ di cautela, riuscire a riempirla anche con recipienti con un’apertura più larga.

Custodie rigide della Olympia Mina, Hugh Leverpresso Pro, Flair Pro 2
Un appunto va fatto anche sui filtri pressurizzati che spesso possono ostacolare la nostra ricerca dell’espresso perfetto ma che quando realizzati con una certa attenzione, come nel caso della Flair Neo Flex o Uniterra Nomad, possono venirci in aiuto in caso di viaggi, soprattutto se brevi. Capita infatti spesso di magari utilizzare queste macchine a casa, o addirittura altre macchine, con un macinacaffè elettrico e poi passare ad uno manuale più piccolo e leggero per i viaggi. In casi come questi, dove non si hanno riferimenti e dunque bisogna ripartire da zero per riuscire ad ottenere un buon espresso, un filtro pressurizzato ben realizzato può aiutare notevolmente ad ottenere un caffè dal gusto apprezzabile. Questo ragionamento vale ancor di più per viaggi di solo 1-2 giorni dove non si vuole sprecare notevoli quantità di chicchi e di tempo per cercare di ottenere un buon espresso.
Sostenibilità, ricambi, garanzie e altre note
Per terminare, va spesa qualche parola sui spesso trascurati temi della sostenibilità, la disponibilità dei pezzi di ricambio, la riparabilità, gli anni di garanzia forniti per i pezzi soggetti ad usura e non, le certificazioni, le condizioni lavorative, eccetera. Questi sono tutti aspetti poco tangibili, difficili da misurare e la cui realtà può spesso variare da quanto mostrato su carta a dipendenza di quanto ogni azienda pubblicizza o meno questi aspetti. Questi valori poco tangibili che determinano i criteri ambientali ed etici con cui sono state costruite queste macchine possono quindi avere un grosso impatto su quello che è il prezzo finale del prodotto e ho dunque cercato di fare del mio meglio per raccogliere delle informazioni a riguardo così che ognuno possa considerarli nei suoi processi decisionali. Verificare la veridicità o meno di questi aspetti è tuttavia estremamente difficile, oltre a considerare che magari alcuni marchi hanno messo in evidenza aspetti che magari altri non hanno nemmeno menzionato perché danno per scontato. Per cui invece di spendere tempo ad elogiare un prodotto rispetto che un altro è stato deciso di semplicemente inserire queste informazioni nella tabella comparativa che trovate a fine di questo articolo così che ognuno possa trarre le proprie conclusioni. Eventuali aggiornamenti da parte dei produttori saranno accolti e inseriti con piacere.
Conclusioni
Dietro l’apparente semplicità di queste macchine a leva senza caldaia si cela dunque una sorprendente varietà progettuale. Ogni dettaglio, dalla geometria della leva al diametro del filtro, dal tipo di doccetta all’organizzazione del flusso di lavoro, contribuisce a definire un’identità ben distinta, tanto in termini di forme quanto di risultati.
Alcuni modelli privilegiano l’ergonomia e la stabilità, offrendo leve lunghe, ampi spazi di lavoro e portafiltri più tradizionali; altri, più compatti, sacrificano questi aspetti per offrire la massima trasportabilità, anche a costo di richiedere maggiore attenzione nel gesto. Alcuni favoriscono un’esperienza modulare, con la possibilità di separare ogni parte con facilità; altri, invece, puntano a un approccio più snello ma con una meccanica leggermente più complessa. Anche l’output massimo ottenibile con una sola corsa del pistone, la profondità del filtro o la presenza di pressini ben progettati sono elementi che possono influenzare in maniera importante l’esperienza. Non meno importante è anche la capacità di ciascuna macchina di gestire l’acqua residua, facilitare la pulizia, e mantenere coerenza tra una tazza e l’altra.
In questo scenario articolato, non emerge una vincitrice assoluta. Le differenze tra i modelli testati sono a volte semplici sfumature, mentre altre sono vere e proprie variazioni sul modo di approcciare il mondo dell’espresso. Ogni macchina, come uno strumento musicale, interpreta la partitura a suo modo: alcune con una voce rotonda e indulgente, altre con un registro più esigente ma ricco di possibilità per chi è disposto a esplorarle. Il compito, dunque, non è trovare la macchina perfetta in senso assoluto, quanto piuttosto comprendere quale combinazione di caratteristiche si accordi meglio alle esigenze specifiche e alle preferenze di ciascuno. Come accade con la musica, anche qui alcune saranno più delle hit di altre, ma ognuna trova la propria nicchia di fans. Chissà se nel 1956, con l’arrivo della Faema Baby, qualcuno avrebbe immaginato che il suo linguaggio sarebbe diventato un genere musicale interpretato ancora oggi in così tante forme diverse.
Strumento di comparazione
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