Macchina a "leva" pneumatica
di Pip de Pulford, Simone Forgia, Claudio SantoroDisegno del gruppo a "leva" pneumatica di Michael van Loozen
Parlando di macchine per espresso, il mondo degli appassionati spesso si divide in due; c’è chi preferisce le macchine a pompa per la loro facilità d’uso con le quali basta un click per far partire l’estrazione e chi preferisce le macchine a leva per la loro affidabilità meccanica. Quest’ultima categoria si suddivide poi ulteriormente in chi preferisce le leve dirette per un controllo in tempo reale della pressione e chi invece predilige le leve a molla per una maggiore ripetibilità tra un espresso e l’altro. Finora tuttavia, non è stato possibile avere tutte queste caratteristiche in un’unica macchina ma questo è quello che ha cercato di sviluppare il titolare di Hyper Hyper Coffee a Nowra, in Australia.
È partito tutto da quando Pip de Pulford decise di abbandonare la sua officina di pittura del vetro per iniziare una nuova avventura con la torrefazione del caffè. Sua madre con nostalgia gli disse che nessuno sapeva fare il caffè come lo facevano i baristi italiani negli anni '60; aveva un gusto diverso dai caffè moderni del giorno d’oggi, le caffetterie e le tazze puzzavano di cappotto bagnato. Pip si mise allora a ricercare e trovò che le macchine che usavano in quegli anni erano probabilmente macchine a leva e l’odore e l’umidità che erano rimaste tanto impresse nella mente di sua madre erano presumibilmente dovute dal gas illuminante che bruciava e scaldava le tazze. Pip iniziò quindi a creare miscele con una percentuale di Robusta e a tostarle fino ad ottenere una colorazione “full city” un po’ oleosa. Acquistò inoltre una Faema President prodotta nel 1962, al suo arrivo gli cambiò la presa e da quel momento non ha mai più usato altre macchine.
Ora Hyper Hyper dispone di ben 6 Faema President nel suo locale; 4 da 2 gruppi, 1 da 3 gruppi e 1 da un gruppo, tutte prodotte tra il 1962-1965 e “sfornano” più di 270 kg di caffè alla settimana reminescente di quello venduto nei vecchi locali italiani. Per sostenere questo uso estensivo e preservare la salute fisica dei collaboratori, il sistema a leva di queste macchine è stato però sostituito da un meccanismo appositamente studiato da Pip che sfrutta la pressione pneumatica invece dello sforzo manuale, rimanendo tuttavia completamente analogico. Per fare ciò, la molla all’interno del gruppo erogatore è stata rimossa e nella parte dove originariamente vi era il fulcro tra il braccio della leva e il pistone vi è stata posizionata un’unità con al suo interno un secondo pistone (collegato al pistone principale nel gruppo erogatore). Due tubi uno sopra e uno sotto il pistone secondario, portano l’aria in pressione necessaria a far funzionare il sistema. L’aria che passa attraverso i tubi viene caricata da un compressore regolato a circa 5 bars e posto esternamente in un altro locale. Quando si vuole che il pistone si abbassi e applichi la pressione per l’estrazione, allora l’aria viene caricata nel tubo sopra il pistone secondario e fa sì che tutto l’albero con i due pistoni spinga verso il basso. Quando invece a inizio o fine estrazione si vuole che il pistone venga sollevato, allora l’aria viene pompata lungo il tubo posto sotto il pistone secondario. L’aria in esubero nella parte opposta del pistone viene scaricata attraverso un sistema di valvole dal tubo che non viene usato attivamente.
Unità pneumatica sviluppata da Pip
Ciò che rende affascinante questo sistema è che la pressione esercitata sull’acqua è trasmessa dall’aria e quest’ultima essendo comprimibile funge da cuscinetto attutendo l’impatto. Inoltre grazie al suo design intrinseco, la pressione non viene applicata in modo lineare simile ad una macchina a pompa tradizionale, ma segue lo stesso profilo a pressione decrescente classico del sistema a leva. Questo perché con lo spostamento verso il basso del pistone nel gruppo erogatore, lo spazio vuoto sopra di esso conseguentemente aumenta e quindi per mantenere la pressione costante servirebbe un afflusso sempre maggiore di aria; se invece la pressione generata dal compressore viene mantenuta costante, il pistone continua a venir spinto verso il basso ma la pressione diminuisce. La velocità e la pressione con cui viene caricato il volume d’aria si possono dunque regolare attraverso la forza del compressore e variando il diametro dei tubi.
Il primo prototipo di questa unità pneumatica è stata realizzata per Pip da un meccanico di escavatori, il quale era già familiare con questo tipo di pistoni ad aria essendo comunemente usati nelle macchine da cantiere. Per calibrarla, l’unità è stata montata su uno dei due gruppi di una Faema President aggiustando l’erogazione dell’aria fino ad ottenere un risultato equivalente a quello dato dal sistema originale a leva situato accanto. Per praticità e velocità nell’utilizzo, il compressore viene attivato da una levetta posta dove in precedenza vi era collegato il meccanismo a leva ma è anche stata realizzata una versione che può essere installata all’interno dell’involucro in alluminio e attivata dalla leva originali del modello President. Inoltre è interessante notare che trattandosi di un’unità montata esternamente al gruppo erogatore vero e proprio, la macchina può essere ripristinata allo stato originale in qualsiasi momento.
Unità pneumatica installata all'interno del corpo in alluminio e attivata dalla leva originale
La storia narra che l’idea del primo sistema a leva sia venuta in mente ad Achille Gaggia osservando il motore di una Jeep dell’esercito americano e partendo da tale ispirazione, creò un gruppo erogatore con pistone in grado di attuare sufficiente pressione da dare vita all’espresso come lo conosciamo oggi. Chissà se quest’altra idea proveniente dagli escavatori possa di fatto rappresentare l’evoluzione o addirittura essere la prossima rivoluzione in questo settore. Sarà di nuovo un veicolo ad illuminare le menti dei più visionari estimatori del caffè?
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