Isolatore per La Pavoni

di Simone Forgia, Claudio Santoro
Illustrazione dell'Isolatore

Tra le molte macchine a leva per uso domestico presenti sul mercato, le più conosciute e quelle con un maggior numero di appassionati sono sicuramente le Pavoni. Se anche voi rientrate tra i possessori di queste macchine, saprete sicuramente che il loro più grande difetto è il fatto che si surriscaldano in men che non si dica. Questa problematica, sebbene negli anni la casa manifatturiera abbia cercato di alleviarla in vari modi quale l’introduzione di una camicia in teflon; il passaggio da un riscaldamento a vapore ad uno ad acqua e l’incremento della massa del gruppo; rimane tutt’ora di grande attualità. Con la volontà di trovare una soluzione definitiva a questo problema, ecco allora che Bong Juachon, John Michael Hauck e Tudor Si Tabita Petriman, un gruppo di appassionati noti nel settore, sono arrivati a sviluppare un isolatore che si possa facilmente installare sulla maggior parte dei modelli. In questo articolo vedremo quindi come hanno fatto.

Bong Juachon, l’ideatore di questo accessorio ci racconta come fino ad ora non era possibile realizzare più espressi uno in successione all’altro senza usare noiosi e poco professionali metodi di raffreddamento quali l’utilizzo di una bacinella d’acqua fredda da porre sotto la doccetta, avvolgere il gruppo con un panno freddo o tecniche simili. Inoltre i modelli di seconda generazione, essendo riscaldati a vapore, non si possono lasciare accesi ed estrarre il caffè quando si vuole perché hanno una temperatura di stabilizzazione superiore ai 100°C. Nel passato, soluzioni come dei dissipatori di calore da posizionare sul gruppo erogatore erano già state sviluppate, ma oltre che ad essere molto invasivi esteticamente, non erano sempre perfettamente compatibili a causa di leggere differenze nelle dimensioni presenti tra i gruppi di ogni macchina. L’obiettivo di Bong era dunque quello di ideare qualcosa che andasse a sostituire i già presenti dissipatori e che inoltre eliminasse il riscaldamento a vapore per i modelli più vecchi. I requisiti erano che dovesse essere qualcosa di facilmente installabile, durevole nel tempo, che non necessitasse di manutenzione e che avesse un basso impatto estetico.

Da alcuni studi effettuati analizzando i pesi delle varie generazioni di gruppi erogatori e riscaldandoli singolarmente è emerso che essi, se separati dalla fonte di calore, erano in grado di raffreddarsi autonomamente a sufficienza. Partendo da questo principio, Bong ha quindi realizzato un primo abbozzo in plastilina di un isolatore da posizionare tra il gruppo e la caldaia e ha successivamente presentato la sua idea a John. In seguito è stato realizzato il disegno CAD della sua idea e con una stampante 3D sono stati prodotti i primi prototipi.

John ci racconta che prima di arrivare alla versione finale ha realizzato 11 disegni e inizialmente si era pensato a due versioni, una per i modelli di seconda generazione e un’altra per quelli di terza e quarta generazione, ma poi si è visto che questa ultima poteva essere utilizzata per tutti e tre i modelli e così si è mantenuta solo quella. Come si può infatti notare dall’immagine sottostante, montando un isolatore di terza/quarta generazione su un gruppo erogatore di seconda generazione rimangono alcuni piccoli spazi vuoti ma dalle prove condotte non hanno creato alcun tipo di problema.

Sezione di una Pavoni con l'Isolatore

Rendering dell’isolatore montato su un gruppo erogatore di seconda generazione

Una volta stabilita la forma finale e accertatosi che tutto andasse bene, Tudor si è occupato della produzione. Bisognava innanzitutto scegliere il materiale da usare e sapeva che sarebbe stato necessario affidarsi a qualcuno di esterno poiché era indispensabile una macchina CNC. Sapeva anche che l’isolatore non poteva essere realizzato in acciaio inossidabile o in ottone cromato perché doveva essere di un materiale scarsamente conduttore. Tudor si ricordò quindi di alcuni prodotti che aveva realizzato in POM (poliossimetilene) e scoprì che aveva la perfetta combinazione di elementi per quello che necessitavano. Inoltre dovendo produrre delle viti più lunghe a causa dello spessore maggiorato con l’installazione dell’isolatore, ne approfittò per realizzarle in acciaio inossidabile in sostituzione alle originali di ferro.

Dopo alcuni mesi, Bong ricevette la versione finale della sua creazione e procedette con i test per controllare che tutto funzionasse perfettamente. Per prima cosa testò le performance verificando le temperature sia dopo un singolo espresso che dopo più estrazioni consecutive. Si accorse in fretta che i piccoli isolatori per le viti si rompevano facilmente e inoltre non avevano alcun effetto sul trasferimento del calore, decise quindi di eliminarli e usare al loro posto delle semplici rondelle; tutto il resto funzionava come previsto. Per quanto riguarda la durevolezza, sono invece state effettuate diverse prove con estrazioni a 12 bar (equivalenti a 25 kg. di forza sulla leva) ed è stata misurata una flessione di 3 millimetri. Questa flessione era però dovuta alla distanza maggiorata del gruppo dalla caldaia e non dalla compressione del materiale in sé. La resistenza al calore è invece stata testata riscaldando l’isolatore, il quale ha iniziato a deformarsi solamente superati i 500°C, soddisfacendo i requisiti persino oltre le loro aspettative. Secondo Tudor infatti, il poliossimetilene doveva avere un punto di fusione attorno ai 300°C e dopo aver contattato la fabbrica scoprì che in realtà gli isolatori erano stati realizzati in teflon e non come accordato, fortuna vuole che però tutti i test vennero comunque passati con successo. Gli unici inconvenienti con questo accessorio si sono dimostrati essere un’eventuale riduzione del volume degli espressi e una leva a volte “spugnosa” a causa della presenza di bolle d’aria. Si tratta però di problematiche che riguardano soprattutto i modelli di seconda generazione e che spesso si presentano anche senza l’installazione dell’isolatore. Questi intoppi possono tuttavia essere ridotti al minimo con i giusti trucchi per spurgare la falsa pressione e inoltre Bong ci ha fatto sapere che sta lavorando ad altre modifiche per dire addio definitivamente anche a questi problemi.

In seguito alla fase di test e all’annuncio al grande pubblico di questo progetto, abbiamo avuto la possibilità di testare personalmente l’efficacia di questo nuovo isolatore su una La Pavoni di terza generazione. Dalla nostra esperienza, l’inconveniente più grande che abbiamo riscontrato è stato quello che abbiamo dovuto invertire l’orientamento dell’isolatore in quanto da un lato era leggermente più spesso che dall’altro e quindi il gruppo non era perfettamente a livello. Per tutto il resto ci è piaciuto molto; il gruppo aderisce meglio alla caldaia rispetto che appoggiando metallo contro metallo come avviene in origine e il materiale dona una buona sensazione al tatto. A livello estetico disturba veramente poco, ci sarebbe solo piaciuto se oltre che essere nero, fosse anche stato laccato come il tappo caldaia o le manopole del portafiltro e della leva. Le temperature sono effettivamente calate e non abbiamo più avuto problemi di surriscaldamento, al contrario spesso si sono dimostrate troppo basse per una corretta estrazione e l’utilizzo di un termometro è quindi indispensabile. Il drastico calo delle temperature ci ha però dato l’opportunità di alzare la pressione della caldaia da 0,7-0,8 a 1,1-1,2 bar guadagnando molta potenza in più nel vapore per montare il latte e riportando la temperatura di stabilizzazione ad un valore ottimale. Siamo quindi molto soddisfatti del risultato e ringraziamo Bong, John e Tudor per questo accessorio di cui, d’ora in poi, sarà difficile fare a meno.

Final version of the isolator

Versione finale dell'isolatore