Faema Baby
di Francesco CeccarelliLa prima volta che ho visto una Faema Baby in vendita in un mercatino, il venditore, più o meno consapevolmente, la definì un cavatappi. In effetti a primo impatto non viene naturale pensare ad una macchina da caffè e anche una volta accettata la sua funzione, le domande sono tante, dove si mette il caffè? E l’acqua? Come fa a scaldarsi?
Troppi anni sono passati dal lontano 1956, quando le Officine Faema s.p.a. rivendicavano l’invenzione di questa semplicissima macchina ad “idrocompressione”, termine coniato per l’occasione dal greco “idro” e dal latino “compressionis” e il cui utilizzo non è durato neanche il tempo di trovare una sua collocazione specifica nel vocabolario della lingua italiana.
Una massiccia campagna pubblicitaria, alla fine degli anni ‘50, fa pregustare la squisita Crema Caffè che si può avere con sole 5’000 lire e, rivolgendosi con fare ammiccante alle donne di casa, indirettamente intende proporgli uno strumento atto ad impedire ai mariti troppo disinvolti, di fare del bar la loro seconda casa.
Campagna pubblicitaria Faema Baby
La prima versione della Faemina Baby è di un bel colore verde martellato e caratterizzata da due piccole sfere in bachelite avvitate sulle leve. Il corpo, le leve ed il bicchiere sono in acciaio. Pesa circa 2 kg ed è alta circa 30 cm che diventano 50 cm con le leve alzate. Perfettamente simmetrica, può essere usata indifferentemente nei due versi e i piccoli cerchi in rilievo sulla base indicano dove posizionare le tazzine. L’etichetta con la scritta “Baby Faemina – Crema caffè” incastonata tra le pareti di una casa stilizzata, non fa altro che ribadire il suo spirito casalingo. La versione successiva differisce dalla precedente solo per la forma ad “oliva” delle manopole, mentre l'ultima versione è realizzata completamente in alluminio e viene abbandonato il colore verde martellato a favore di molteplici colorazioni.
Faema Baby nella versione in alluminio e con le manopole a forma d’oliva
Ma il genio italico, che dovrà aspettare ancora un decennio prima che venga coniato il termine “genio del marketing” in cui potersi riconoscere, non si accontenta di catturare l’attenzione dei potenziali acquirenti con evocazioni di sublimi aromi e colori vivaci, ma conscio che l'albero si raddrizza quando è piccolo, perché non coinvolgere anche i piccoli membri della famiglia, con istruzioni a fumetti? Ecco allora un bel libricino, spillato al centro, che si rivolge a tutta la famiglia!
Copertina del manuale di istruzioni a fumetto
La mammina operosa, unico membro della famiglia in grado di maneggiare acqua bollente senza ustionarsi, preriscalda il portafiltro, mette il caffè nel bicchiere di metallo e lo pressa con la doccetta.
Riempie quindi il bicchiere con acqua bollente, riaggancia il portafiltro e aziona infine le leve fino ad ottenere la deliziosa crema di caffè.
Ma noi italiani abbiamo nella dispensa il caffè che usiamo per la moka, macinato in modo grossolano a mano o con macinini poco più che giocattoli, e quindi più che la crema di caffè, la nostra mammina otterrà una brodaglia marroncina se troppo grosso o qualche goccia nerastra se troppo fine.
Ma mamma Faema ha pensato anche a questo, ecco allora un bel macinino regolabile, i cui disegnatori si sono ispirati probabilmente al famoso strumento per forare progettato molti anni prima da Duncan Black & Alonzo Decker.
Un cenno infine va fatto relativamente ad un modello denominato “Mignon”, le cui caratteristiche principali ritroveremo poi nella prima versione della Baby Faemina di cui si può ritenere la versione zero. È privo di marchio per cui possiamo solo ipotizzare che potesse essere un prototipo della Faema oppure un modello di un altro produttore di cui poi la Faema ha rilevato il brevetto.
Mignon, antenata della Baby Faemina
Il successo della Baby Faemina porta, come già successo per altre macchine da caffè, alla comparsa di imitazioni, simili nel funzionamento ma con meno fascino e carattere, quali la Bi.Caf. e la Diana.
Esaurito alla fine degli anni ‘70 il boom delle macchine a leva, anche la Baby Faemina cade nel dimenticatoio, fino a quando la diffusione di internet e dei primi siti di vendite online, aiutano a riscoprire le vecchie glorie del passato e a stimolare l’interesse di chi riconosce in questi oggetti una validità tecnica ed operativa ancora attuale.
Anche per la Baby Faemina arriva il suo momento e nei primi anni 2000 nasce la Presso (diventata successivamente ROK), che si differenzia dalla Baby Faemina perché permette di separare le operazioni di preparazione del caffè, inserendo dapprima il caffè nel portafiltro e successivamente l’acqua calda nel piccolo serbatoio in alto.
Completamente aderente allo spirito della Faemina Baby è invece il Robot della Cafelat, entrato in produzione nel 2018. Il suo funzionamento è identico a quello della Faemina, dimostrando così quanto un’idea nata alla metà del secolo scorso sia ancora attuale.
Da sinistra a destra, prima in alto poi in basso: Bi.Caf., Diana, Rok Presso, Cafelat Robot
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