Diluizione controllata dell'acqua
di Simone ForgiaGià molto è stato scritto sul tema dell’acqua per il caffè e grazie alle ricerche svolte negli ultimi anni ora iniziamo a capire quali sono le caratteristiche più importanti che essa deve avere per estrarre al meglio le sostanze da noi desiderate dalla polvere di caffè e non alterarne il gusto. Secondo la Specialty Coffee Association (SCA), l’acqua dev’essere inodore, pulita, non presentare cloro, avere un pH idealmente vicino al 7, un’alcalinità di circa 40 ppm (parti per milione), una durezza generale di circa 68 ppm, eccetera. Alcune di queste caratteristiche sono chiaramente soggettive e a seconda di preferenze gustative si possono prediligere valori diversi, ma allo stesso tempo hanno di sicuro contribuito nel creare uno standard e far sì che tutti potessero parlare la stessa lingua. Con ciò si è però venuto a creare il problema di come arrivare a quei determinati valori. Molte sono le soluzioni che si sono sviluppate; dai filtri collegati direttamente alla linea idrica alle caraffe filtranti fino ad arrivare alla completa remineralizzazione partendo dall’acqua distillata o ad osmosi inversa; ognuno con i suoi vantaggi e svantaggi.
Le caraffe filtranti per esempio sono di facile utilizzo ma rappresentano spesso una soluzione generica e poco personalizzabile. Vanno benissimo per rimuovere il cloro e altre sostanze indesiderate, addolcire l’acqua e in alcuni casi aggiungere magnesio ma difficilmente permettono di raggiungere dei valori prestabiliti con precisione.
I filtri da collegare alla linea idrica d’altro canto permettono di sicuro una maggiore personalizzazione, con molte scelte a disposizione per varie necessità e la possibilità in alcuni casi di scegliere un “bypass”; ovvero una percentuale d’acqua che resta allo stato naturale e che si va poi ad aggiungere a quella filtrata. I limiti di questo metodo però sono principalmente tre; il primo è che questo sistema funziona solitamente con delle resine a scambio ionico e dunque il calcio e magnesio non vengono semplicemente rimossi ma vengono sostituiti con del sodio (SCA raccomanda di tenerlo a dei valori attorno ai 10 mg/L) e dunque non permette di modificare il TDS (totale dei solidi disciolti) dell’acqua. Il secondo limite è che i filtri vanno ad agire in modo uniforme sulla durezza dell’acqua e quindi non si può ad esempio abbassare solo la durezza temporanea andando a compensare per mantenere costante quella generale. Infine il terzo limite è che si prestano solo a chi ha dei valori troppo alti che vuole abbassare ma non si può applicare anche al contrario.
La completa remineralizzazione dell’acqua rappresenta sicuramente l’opzione più adatta a chi ama sperimentare e provare diversi valori e i loro effetti. Tramite la preparazione di alcune soluzioni è infatti possibile calcolare quanto aggiungerne di ognuna per arrivare al risultato desiderato. Lo svantaggio di questo sistema è che non si può sfruttare l’acqua del proprio rubinetto e bisogna avere uno stoccaggio continuo di acqua distillata a meno che non si disponga di un sistema ad osmosi inversa; ma anche questa tipologia di filtrazione ha i suoi lati negativi in quanto spesso poco efficiente. Infatti con dei sistemi domestici di piccole dimensioni, possono essere necessari anche più di 5 litri d’acqua per ottenere un litro da poter utilizzare.
Quello a cui vi vogliamo introdurre noi è un concetto un po’ diverso da quelli visti finora, anch’esso con i suoi limiti e che ha ancora bisogno di un largo bacino di utenti con varie tipologie di acqua perché la sua validità sia confermata, ma che rappresenta un valido compromesso tra i sistemi attuali e che chiameremo Sistema a Diluizione Controllata (SDC). Questo sistema si basa sui principi della completa remineralizzazione appena accennata sopra ma parte dal concetto che spesso abbiamo già un numero maggiore di minerali nell’acqua di quello che ci serve e possiamo quindi sfruttare l’acqua del nostro rubinetto come punto di partenza da andare a diluire invece che usare solamente acqua distillata. Nella maggior parte dei casi tuttavia, non vogliamo diluire allo stesso modo la concentrazione di tutti i minerali ed è per questo che chiamiamo questo sistema “a diluizione controllata” in quanto con l’ausilio di precise formule è possibile successivamente aggiungere delle piccole quantità di soluzioni precedentemente preparate per compensare i valori che sono scesi troppo. Queste soluzioni, che sono le stesse usate per la remineralizzazione classica, lavorano soprattutto per andare ad equilibrare la durezza temporanea, la durezza permanente e hanno inoltre un impatto diretto sul TDS dell’acqua, i quali rappresentano i tre parametri più importanti per l’estrazione del caffè; ma iniziamo con una breve panoramica semplificata di cosa significano questi termini.
Con il termine durezza si indica principalmente il quantitativo di sali di calcio e magnesio disciolti nell’acqua. All’interno dell’acqua sono però presenti anche altre sostanze, tra cui i bicarbonati. Quando si porta a bollore l’acqua, i bicarbonati vanno ad interagire con i sali di calcio e magnesio e li fanno precipitare; ciò significa che questi sali non sono più disciolti nell’acqua ma cadono sul fondo e creano delle incrostazioni tra le quali il calcare. Se è presente un numero sufficiente di bicarbonati, allora l’intera quantità di calcio e magnesio precipita ma questo non è solitamente il caso, infatti nella maggioranza dei casi una percentuale di essi resta sciolta nell’acqua e rappresenta la durezza permanente, mentre l’altra parte che ha reagito con i bicarbonati viene chiamata durezza temporanea. Nel mondo del caffè si è soliti raggiungere temperature dell’acqua elevate, solitamente sopra i 90°C o nel caso di sistemi pressurizzati come su alcune macchine a leva anche fino a 120°C; a queste temperature i bicarbonati reagiscono con i sali di calcio e magnesio facendoli precipitare come spiegato in precedenza e quindi la parte di durezza permanente ci interessa particolarmente perché sarà principalmente quella che andrà poi ad estrarre le sostanze del nostro caffè. La parte di durezza temporanea invece ci interessa più da un punto di vista delle strumentazioni in quanto un valore troppo elevato comporterebbe una formazione eccessiva di calcare sulle nostre attrezzature, ma un valore troppo basso non va neppure bene perché potrebbe addirittura rendere l’acqua corrosiva, rovinando anche in questo caso le apparecchiature. In aggiunta un’elevata quantità di bicarbonati può influire sull’alcalinità e quindi sulla percezione dell’acidità nel caffè, andando ad ovattarla.
Con l'acronimo TDS viene invece definito il Totale dei Solidi Disciolti, anche conosciuto come residuo fisso. Questo valore rappresenta la somma di tutti i sali minerali presenti nell’acqua e viene dunque ampiamente influenzato dalla durezza ma tiene anche in considerazione tutti gli altri elementi organici e inorganici che possono essere presenti. Per misurare il residuo fisso bisognerebbe far evaporare completamente una data quantità di acqua e, muniti di una bilancia di altissima precisione, misurare la quantità di residui secchi solidi rimasti dopo tale processo. Fortunatamente vi è una stretta correlazione tra il totale dei solidi disciolti nell’acqua e la sua conducibilità elettrica e vi sono dunque dei dispositivi abbastanza economici che sfruttano questa caratteristica per dare un’indicazione approssimativa del TDS in tempi rapidi. L’acqua distillata è semplicemente acqua a cui sono stati rimossi tutti questi elementi e ha perciò un TDS equivalente a 0 e non conduce quasi per nulla l’elettricità.
Ora che i concetti di base sono chiari, la domanda è: come misuriamo questi valori e come li modifichiamo? Come spiegato poco sopra, per la determinazione del TDS ci sono dei dispositivi piuttosto economici che misurano la conducibilità elettrica e moltiplicano questo valore per un determinato fattore in modo da dare una stima. Il numero di moltiplicazione cambia da lettore a lettore e dall’utilizzo per cui sono studiati. Per una migliore standardizzazione dei risultati, consigliamo quindi di moltiplicare manualmente il valore della conducibilità elettrica in µS per 0,65 (che è anche il valore consigliato da SCA). Per fare un esempio, se misuriamo una conducibilità di 220 mS e lo moltiplichiamo per 0,65 otteniamo un residuo fisso di 143 ppm. In alternativa si può acquistare un lettore TDS che funziona già con questo rapporto se lo si trova ma non sono di facile reperibilità.
Kit misurazione GH, KH e soluzioni Hardness e Buffer
Per la durezza generale invece esistono delle boccette chiamate solitamente GH Test. Basta prendere una piccola quantità dell’acqua che si vuole analizzare, solitamente 5 ml, e aggiungere una goccia alla volta questo liquido fino a quando la soluzione cambia colore. Contando il numero di gocce si è poi in grado di sapere il grado di durezza dell’acqua e per aumentare l’accuratezza della misurazione basta raddoppiare il volume d’acqua usato e alla fine dividere per 2 il numero di gocce contato. La stessa cosa vale per la misurazione della durezza temporanea la quale necessita però di una precisazione in più. In commercio infatti non esistono dei kit per misurare la durezza temporanea così come si fa con quella generale, tuttavia ne esistono per misurare la durezza carbonatica (KH Test). Parlando di acqua potabile e senza entrare troppo nel tecnico, nella maggior parte dei casi la durezza carbonatica coincide con quella temporanea e quindi i KH Test vengono anche usati per misurare quest’ultimo valore. I kit per la misurazione della durezza generale e carbonatica si possono spesso trovare in negozi di acquari in quanto vengono largamente usati anche in questo ambito, è però importante precisare che solitamente i valori vengono espressi in gradi tedeschi (°dH) ed è dunque necessario convertirli successivamente in ppm.
Ritaglio del calcolatore che puoi trovare qui
Una volta a conoscenza dei valori della propria acqua non resta che capire di quanto si vogliono modificare. Per abbassarli abbiamo a disposizione l’acqua distillata, per aumentare i gradi di durezza carbonatica la soluzione di “Buffer” e per aumentare quelli della durezza generale la soluzione “Hardness”. Il calcolatore sul sito di The Lever Magazine permette di identificare esattamente in che proporzione aggiungere questi tre elementi. Per quanto riguarda le soluzioni, esse sono ricreabili con ingredienti facilmente reperibili in farmacia o al supermercato quali il bicarbonato di sodio e il solfato di magnesio (anche conosciuto come sale di Epsom) e i cui dettagli si possono trovare nella pagina del calcolatore.
Prendiamo ora l’esempio reale di un’acqua che ha una durezza totale di 80 ppm, una durezza temporanea di 53 ppm, un TDS di 120 ppm e ipotizziamo di volerla portare ai parametri consigliati dalla Specialty Coffee Association con l’ausilio del Sistema a Diluizione Controllata. Tramite il calcolatore sul nostro sito è possibile inserire i dati da noi misurati, successivamente giocando con i vari cursori si possono modificare le quantità di soluzioni “Hardness” e “Buffer” da aggiungere e vedere in tempo reale come reagiscono. La quantità di acqua distillata da aggiungere per diluire quella del nostro rubinetto verrà calcolata in automatico in modo da ottenere 1 litro di acqua complessiva da poter usare. Nel caso da noi preso in esame (visibile nell’immagine precedente), abbiamo per esempio trovato che prendendo 650 ml della nostra acqua di partenza, diluendola con 328 ml di acqua distillata, aggiungendo 16 ml di soluzione Hardness e 6 ml di Buffer è possibile raggiungere i valori ottimali di SCA per quanto riguarda la durezza generale e quella carbonatica e rientrare nell’intervallo consigliato per il TDS.
Chiaramente questo sistema non è adatto per caffetterie con alti volumi e si deve innanzitutto avere un’acqua di base dal buon sapore ma per chi è a casa e ha del tempo a disposizione è sicuramente molto interessante per sperimentare e provare come cambia il gusto del caffè usando parametri diversi. In aggiunta ci sono più opzioni per arrivare ad uno specifico risultato in quanto come si può vedere dall’immagine sottostante, si potrebbero raggiungere pressoché gli stessi valori del caso precedente anche con 760 ml di acqua dal rubinetto, 7 ml di soluzione Hardness e 233 ml di acqua distillata evitando di fatto di usare il Buffer e sfruttando ancora di più la nostra acqua di partenza.
Ricetta dell’acqua senza buffer
Infine va detto che la flessibilità del Sistema a Diluizione Controllata a nostro parere sta pure nel fatto che volendo può essere usato anche in combinazione con una caraffa filtrante o altri filtri per rimuovere il cloro e sostanze indesiderate. Inoltre lascia all’utilizzatore la scelta dei parametri ai quali vuole arrivare in quanto, al momento di scrittura di questo articolo, anche la SCA sta per esempio rivedendo gli standard pubblicati nel lontano 2009 e molto c’è ancora da scoprire. L’importante per il nostro sistema è che l’acqua che si andrà poi a diluire sia di buona qualità. Voi cosa ne pensate? Provate questo sistema e fateci sapere la vostra esperienza.
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